Ieri per forza di cose pensavo al San Valentino, e di conseguenza all'amore. La prima notizia della giornata - aperti gli occhi che la notte precedente mi si sono incollati per tutte le lacrime vomitate prima di andare a dormire, per il vino e lo stato della mia vita - è stata la pistolettata che quel famoso atleta paraolimpico ha gentilmente offerto alla tanto amata fidanzata. Così tanto amata che ha voluto farla arrivare prima del tempo nell'agognato regno dei cieli. E uno dei tasselli sulla natura umana e sull'altrettanto umana follia si è inserito in una riflessione più ampia che covo da mesi e che ha cominciato ad emergere più compiutamente domenica scorsa, quando in macchina in direzione della mostra di Ana Mendieta ho sentito dire per la prima volta da un'altra persona che non ero io quanto alcune rotture possano lasciare così svuotati da volersi togliere tutto, ma proprio tutto. A se stessi però, e non agli altri. E allora penso che forse uno queste cose le debba avere già, dentro di sé, e che quello che chiamiamo genericamente amore non faccia che portare in superficie cose brutali che si hanno in profondità. E ancora, che una delle distinzioni fondamentali tra persone e persone è quella tra chi ha violenza verso gli altri e chi ce l'ha verso di se. E in tutto questo l'amore dov'è?
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